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Dall’insegna al neon, un vetro che ad alte temperature si modella grazie ad artigiani che erano presenti nell’hinterland milanese; ricevevano delle ‘dime’ su cartoni improvvisati e misure segnate a matita rossa e dalle loro forgiature nasceva una scritta, o uno stile decorativo per espositori. Il neon, aggiunto alla fine veniva chiuso da un elettrodo;

L’insegna al neon veniva progettata con un impianto elettrico ad hoc se doveva avere delle grandi dimensioni per avere una luminescenza sempre omogenea e per cercare di risparmiare anche in bolletta.
Un lavoro invece l’installatore che facevamo con entusiasmo e aveva a che fare con freddezza, leggi di gravità e tutto ciò che riguarda la concentrazione e le abilità tecniche e fisiche. Insomma andare nell’esercito nelle forze speciali potrebbe assomigliare a questa situazione in certe occasioni.

E il neon che c”entra: per produrre un’insegna si pensa alla posizione, all’altezza e alla visibilità e tutto per far risplendere al meglio questo gas, molto resistente anche alle temperature più estreme. Ricordo i neon colorati di un’argenteria di Milano che il un signore milanese (ex pompiere) gestiva insieme alla sua famiglia. Il tetto era diventata la sua casa, doveva vedere l’insegna dalla sua Jacuzzi e la temperatura all’esterno. Era il suo giocattolo e si divertiva a vedere noi che ci lavoravamo, sapeva che gli portava tanti clienti quando funzionava al suo massimo splendore.
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